18 febbraio 2010

Il palazzo dei destini e le serie dei mondi

Nei Saggi di teodicea Leibniz narra questo sogno che Teodoro, gran sacerdote del tempio di Giove, fece mentre dormiva nel tempio di Pallade ad Atene: "In sogno, si trovò trasportato in un paese sconosciuto. V'era là un palazzo di indescrivibile splendore e immensa grandezza. La dea Pallade apparve alla porta, circondata dai raggi di una maestà abbagliante […] Giove che ti ama (ella disse), ti ha raccomandato a me perché ti istruisca. Vedi qui il palazzo dei destini, del quale sono la custode. Esso racchiude le rappresentazioni non solo di ciò che accade, ma anche di tutto ciò che è possibile. E Giove, avendole passate in rassegna prima che il mondo iniziasse a esistere, distribuì le possibilità in mondi, e scelse il migliore di tutti. Qualche volta egli
viene a visitare questi luoghi, per concedersi il piacere di ricapitolare le cose e rinnovare la propria scelta, della quale non può fare ameno di compiacersi. Basta che io dica una parola, e vedremo tutto un mondo, che mio padre avrebbe potuto produrre, e nel quale si troverà rappresentato tutto ciò che se ne può domandare".
I presupposti filosofici dei mondi paralleli sono già qui: in questo testo del 1710. Il palazzo dei destini immaginato da Leibniz è un palazzo in cui sono contenuti tutti i mondi possibili di cui quello in cui viviamo sarebbe l'unico in atto, l'unico realmente esistente: il miglior dei mondi possibili. Ogni stanza di questo palazzo rappresenta un mondo. E i mondi-stanze sono disposti in una struttura a piramide. Di questa piramide vi è un vertice, rappresentato dal migliore dei mondi possibili in atto, ma non vi è una base, poiché i mondi possibili si moltiplicano all'infinito.

Lost, con la sesta stagione, decostruisce l'ordine di questa piramide. Quando vediamo atterrare a Los Angeles Jack, Kate, Sawyer e tutti gli altri, non vediamo uno degli altri mondi possibili che Giove avrebbe potuto produrre accanto al mondo in atto (quello in cui l'aereo è caduto), ma vediamo questo altro mondo possibile in atto accanto a un altro mondo in atto. La narrazione della seta stagione si muove tra due mondi in atto, le cui vicende scorrono parallele.
Ci si potrebbe accontentare di descrivere così l'ulteriore complicazione di Lost, il suo procedere sempre più deciso dal cosmos vero il caosmos: verso un cosmo che ormai ha perso qualsiasi tipo di ordine, compreso quello dell'unicità del mondo esistente. Ma questa sarebbe ancora una semplificazione. Che non ci permetterebbe di cogliere alcuni piccoli ma significativi segnali che ci fanno dubitare circa la possibilità di tenere ben separati i due mondi ora esistenti come due stanze non comunicanti della grande piramide leibniziana.
E' indubbio: siamo di fronte a due mondi. Dobbiamo però aggiungere che questi due mondi, a loro volta, sono composti di serie differenti di eventi, e che ogni personaggio è in relazione o è coinvolto in una certa serie piuttosto che in un'altra. Questo frantumarsi del mondo e poi dei mondi in serie di eventi differenti con cui personaggi differenti sono in relazione è evidentissimo in Lost, che fin dall'inizio avanza e retrocede nella propria narrazione montando e intrecciando le differenti serie: la serie di Jack, la serie di Sawyer, la serie di Kate, la serie di Hugo, e poi la serie di Ben, la serie di Juliet, ecc. Con la sesta stagione, dunque, abbiamo non solo due mondi paralleli in atto, ma due mondi come due insiemi di serie parallele in atto.

Potrebbe sembrare una semplice precisazione che non aggiunge nulla alla struttura dei mondi della sesta stagione. In realtà non è così. Se ci pensiamo bene, infatti, è proprio guardando all'articolazione dei mondi in serie che possiamo cominciare a interpretare alcune stranezze che abbiamo incontrato nei primi due episodi della sesta stagione. Perché è vero che ci sono mondi paralleli; ma accade che alcune serie di questi mondi paralleli entrino (o almeno così sembra) in contatto. Quasi ci fossero dei punti di tangenza e contaminazione tra serie di mondi differenti, benché i mondi in sé restino distinti.
Sappiamo bene che nelle stagioni precedenti di Lost, in particolare nelle prime stagioni, una serie di eventi legati a un personaggio veniva, ad un certo punto, a incrociare una serie di eventi legati a un altro o ad altri personaggi. Ma erano serie appartenenti a uno stesso mondo. Ora, con la sesta stagione abbiamo serie appartenenti a mondi diversi che, almeno in un mondo, sembrano avere una qualche relazione con la serie dell'altro mondo.
Nel primo episodio vediamo Jack nella toilette dell'aereo (nel mondo in cui l'aereo atterra) guardarsi allo specchio una ferita al collo che certo non può essersi procurata in aereo e che dunque non ha la sua causa in una qualche serie di eventi inerenti Jack e che appartengono al mondo in cui l'aereo atterra. Da dove viene quella ferita? Una risposta possibile è che essa è legata a un evento di una serie inerente a Jack ma appartenete a un altro mondo in atto. Nel secondo episodio vediamo Kate che, mentre sta cercando di fuggire su un taxi, si sofferma per un istante a guardare un passeggero appena sceso con lei dal volo 815, ma che lei non conosce. Questo passeggero è Jack e per un attimo è come se Kate "riconoscesse" Jack. E questo è possibile solo se la serie degli eventi inerenti Kate che appartiene al mondo in cui l'aereo atterra ha un qualche punto di contatto con la serie di eventi inerenti Kate che
appartiene al mondo in cui l'aereo è caduto.
Si tratta di piccole zone di turbolenza tra i due mondi che sembrano far entrare in contatto alcune serie – senza con ciò mettere in questione (almeno per ora) la separazione dei due mondi quale ordine della loro coesistenza. Ma non è tutto. Queste zone di turbolenza sembrano convergere attorno a un personaggio che potrebbe forse comporre attorno a sé serie trasversali, cioè serie di eventi che attraversano i due mondi. E questo personaggio è Desmond, che nel primo episodio della sesta stagione vediamo apparire e poi sparire dal mondo in cui l'aereo atterra.

5 febbraio 2010

Filosofia dei viaggi nel tempo




"Se riusciamo a fare quello che ha detto Faraday, il nostro aereo non cadrà, il volo 815 atterrerà a Los Angeles". La questione sollevata da Jack nel finale della quinta stagione è decisamente problematica dal punto di vista filosofico. Se si comincia a riflettere su di essa c'è davvero il rischio di perdersi tra un passato e un futuro che sembrano, a seconda dei punti di vista, trasformasi l'uno nell'altro. Ma per capire che cosa accade nello straordinario inizio della sesta stagione dobbiamo provare a fare questo sforzo.
Partiamo da una domanda. E' possibile, tornando indietro nel tempo, modificare ciò che, dal punto di vista di chi viaggia all'indietro, è già accaduto? La risposta generale è abbastanza semplice: no. Quand'anche si potesse tornare indietro nel tempo, non si potrebbe cambiare il passato. Perché? Semplicemente perché il passato è già accaduto. Ciò che è stato è stato. Non è possibile, in altri termini, anche tornado indietro nel tempo, far non essere ciò che è già stato.
Verissimo. Però è anche vero che, qualora fosse possibile viaggiare indietro nel tempo, l'idea di tornare nel passato, intervenire sugli eventi e modificarli non ci sembrerebbe impossibile o contraddittoria. Perché? Semplicemente perché finché guardiamo il passato dal nostro presente esso è già stato, è passato, appunto. Ma qualora (ipotesi) tornassimo indietro nel tempo e ci trovassimo nel passato, il tempo che avremmo davanti sarebbe, per noi, in quel momento, futuro, dunque dovrebbe ancora accadere.
Applichiamo il nostro ragionamento a Lost (semplificando un po'). Chiamiamo punto B l'anno dell'incidente del volo 815. Chiamiamo A il punto del passato, 1977, in cui vengono sbalzati alcuni personaggi di Lost. Ciò che sta tra B e A, se viene guardato da B (presente), è già accaduto, è passato. Quando però alcuni losties si ritrovano sbalzati in A (1977), e A diventa, così, il loro presente, ciò che sta tra A e B è futuro, per loro, in quel momento. E visto che il futuro è ciò che deve ancora accadere, l'idea di poter intervenire su ciò che deve ancora accadere sembra logica. Per questo a Jack sembra logica l' idea di Faraday: facciamo saltare in aria l'Isola ora, nel 1977, così non ci sarà, nel 2004, nessun incidente aereo.


Dov'è allora il problema? Il problema sta nel fatto che questo futuro (quello tra A e B) è un futuro relativo, cioè è un tempo che deve ancora accadere solo dal punto di vista di A. Ma per chi viene da B quel futuro è già accaduto, è già passato. Il disastro aereo è già avvenuto. Dunque quel futuro che dal punto di vista di B è un passato già accaduto non può mancare di accadere, deve accadere perché è già accaduto. Dobbiamo con ciò dedurre che è impossibile che non accada? Non proprio. Dobbiamo piuttosto dire che è impossibile relativamente a quel mondo, quello in cui ciò che accadrà e già accaduto. Il mondo di cui fino almeno alla fine della quinta stagione Lost ci ha narrato la storia. Ma non è detto che quel mondo sia l'unico mondo esistente.
Poniamo ora, per assurdo, che sia possibile cambiare il passato: anche così si andrebbe incontro a un paradosso. Modificare il passato per eliminare, nel futuro, l'evento che non vogliamo si verifichi significherebbe eliminare l'evento che solo ci ha messo nella condizione di arrivare nel passato e, dunque, di modificarlo per non far verificare l'evento. In altri termini: l'evento che vogliamo che non accada deve accadere perché ci sia la possibilità di non farlo accadere. L'evento che vogliamo non si verifichi deve verificarsi perché possa non verificarsi. Semplificando: se qualcuno volesse tornare nel passato per uccidere il proprio padre prima che diventasse tale eliminerebbe proprio ciò che rende possibile il suo atto, in quanto la sua esistenza e dunque la possibilità di ritornare indietro nel tempo dipendono essenzialmente dall'esistenza di suo padre.


Torniamo a Lost. L'aereo è caduto per una causa legata all'Isola nel 2004. E' a partire dal disastro aereo che si produce una catena di eventi che portano un gruppo di losties nel passato, cioè nel 1977. Ora nel 1977 Juliet riesce a far esplodere un ordigno atomico che distrugge o affonda l'Isola, quell'Isola che è causa più o meno diretta del disastro aereo del 2004. In questo modo Juliet riesce a eliminare la causa (l'Isola) che nel futuro avrà reso possibile il ritorno dei losties nel passato. Ma questo genera un paradosso insolubile. In ogni caso dunque il passato non si cambia. Perché è già accaduto. E perché anche se lo si cambiasse il cambiamento paradossalmente renderebbe impossibile il cambiamento stesso. Dunque nulla cambierebbe. Per questo Sawyer quando i losties, dopo l'esplosione, si ritrovano sull'Isola e Juliet muore per le ferite riportate vorrebbe uccidere Jack. Nulla infatti è cambiato. L'esplosione ha solo prodotto un salto temporale, ma nessuna trasformazione del futuro/passato. L'unica novità è la morte di Juliet che si sarebbe così sacrificata in vano.
Ecco le parole che Sawyer rivolge a Jack:

"Ti sei sbagliato. Quella è la dannata botola della stazione Cigno. Saltata in aria. Proprio come l'abbiamo lasciata prima di cominciare a saltare qua e là nel tempo. Avevo detto che avremmo potuto evitare che venisse costruita. Che il nostro aereo non sarebbe mai precipitato su quest'Isola. […] Ci hai fatto tornare al punto di partenza. A parte il fatto che Juliet è morta. E' morta figlio di puttana perché tu avevi torto" (VI.1)

Ma Sawyer ha davvero ragione? Sì e no. Con l'inizio della sesta stagione possiamo dire che Sawyer ha e non ha ragione, proprio come Jack. E possiamo anche dire che Juliet è morta e non è morta.

"Ha funzionato" (VI.1) Sono le ultime parole che Juliet avrebbe voluto pronunciare prima di morire. E che Miles riferisce a Sawyer dopo essere riuscito a entrare in contatto con lo spirito di Juliet. L'ordigno atomico, dunque, non solo è esploso. Ma è anche riuscito a produrre degli effetti. Quali effetti? Abbiamo detto che non è possibile modificare il futuro che è già passato. E infatti i losties si ritrovano sull'Isola. E tuttavia, la sesta stagione ci mostra l'arrivo dei losties a Los Angeles. Inizia con un incidente, quello del volo 815, che non avviene, proprio come volevano Faraday e Jack. Perché l'Isola che avrebbe dovuto causarlo non c'è: è sommersa in fondo all'oceano. Juliet, dunque, da un lato è riuscita a distruggere l'Isola e a vivere e dall'altro ha fallito. Detto altrimenti Jack ha ragione ma ha anche torto. Jack ha ragione ma anche Sawyer. Come è possibile tutto ciò?
E' possibile perché la sesta stagione, o almeno così sembra, risponde in modo coerente ai paradossi filosofici legati ai viaggi nel tempo. L'inizio della sesta stagione da un lato ci dice: il passato non si cambia. Dall'altro afferma: ma questo vale solo per il mondo in cui il futuro è già accaduto. Ma questo mondo – quello di cui fino ad oggi Lost ci ha narrato la storia – non è l'unico esistente. Non solo ci sono altri mondi possibili, ma almeno un altro di essi oltre a quello che conosciamo esiste. Lost adesso ci narra la storia di almeno due mondi. Per questo non c'è contraddizione tra il dire che Jack ha ragione e ha torto, che Sawyer ha ragione e ha torto, che i losties sono e non sono atterrati a Los Angeles, che Boone e Charlie sono morti e sono vivi. Non c' è contraddizione tra queste affermazioni ma semplice "incompossibilità": esse
sono tutte vere, ma in mondi differenti.

3 febbraio 2010

The time is out of joint

"When are we now?" (V.1), chiede Sawyer a Faraday. "Quando siamo ora?". E' questa la domanda simbolo della quinta stagione di Lost. Stagione in cui iniziano quelli che sono stati chiamati "viaggi nel tempo" (benché già nella quarta avessi visto la mente di Desmond spostarsi nel tempo) e che, in verità, sono qualcosa di più e di diverso: una destabilizzazione dell'ordine temporale dell'Isola – o, se preferisci, una riflessione visuale fanta-filosofica sul concetto di tempo. When are we now? Quando siamo ora? In che tempo siamo ora? In quale ora siamo ora? In che punto ci troviamo sulla linea del tempo? Dove siamo ora nel tempo? (Faraday afferma che deve calcolare: "Where are we now... in time", V.2).

Domanda insolita – quale che sia il modo in cui viene formulata o tradotta. Domanda spaesata e spaesante. Che immediatamente segnala come un ulteriore elemento di complessità si sia aggiunto alla narrazione di Lost e alla situazione stessa di coloro che sono rimasti sull'Isola o nelle sue vicinanze .

Non solo il "dove" ma anche il "quando" diventa enigmatico sull'Isola, ora. Ora, nell'ora in cui ci si comincia a chiedere when are we now?, orientarsi è più difficile che mai, e il rischio di perdersi altissimo. Perché è il tempo stesso ad aver perso la sua direzione e il suo orientamento, producendo effetti sull'intero sistema-Lost. La difficoltà di orientarsi vale ora per tutti i soggetti che partecipano al sistema ad alta complessità chiamato Lost. Vale per quelli che sono sull'Isola. Vale per te che segui Lost provando a non perdere i fili del racconto. Ma vale anche per chi mette in scena il racconto, per chi deve governare questo sistema e rischia sempre di perdersi in esso come un ragno nella sua tela. Non a caso sul set della quinta stagione è presente una persona, Greg Nations, che si occupa esplicitamente di "tenere in ordine le linee del tempo": flashback, flashforward e salti temporali.

Ha ragione Jorge Garcia, l'attore che interpreta Hurley, a dire: "Questa stagione è iniziata in un modo folle". Hai ragione tu a dire che qui siamo arrivati al limite. Ma al limite di cosa? Con quale limite sta giocando Lost? Con quale limite giochiamo, noi, giocando con Lost? Se i sistemi complessi – e Lost è un sistema ad alta complessità, non lineare, i cui molteplici elementi subiscono continue modifiche e del quale è impossibile prevedere lo stato futuro – si collocano tra l'ordine e il caos, con la quinta stagione la storia di Lost e il suo racconto (il sistema-Lost) si allontanano sempre più dall'ordine per spingersi al limite del caos. Senza tuttavia sconfinare in esso e nella sua anarchia.

Ilya Prigogine, chimico e fisico russo che ha dedicato studi importanti ai sistemi complessi e al problema del tempo, ha affermato che il tempo è il presupposto del senso dell'universo in quanto ne orienta la caoticità. Quando ti parlo di ordine non mi riferisco dunque a un ordine generico. Parlo di qualcosa di ben preciso, come avrai già capito: parlo del tempo. Di quest'ordine invisibile che chiamiamo tempo. Ma in che senso il tempo sarebbe ordine? In una lettera a Samuel Clarke (filosofo inglese vissuto tra Seicento e Settecento e figura di spicco del circolo newtoniano) il filosofo tedesco Leibniz scrive poco prima di morire: "Per me, ho osservato più di una volta che considero lo spazio come qualcosa di puramente relativo, così come il tempo: è un ordine delle coesistenze, al pari del tempo, che è un ordine delle successioni".

When are we now? è la domanda che sorge quando il tempo come ordine delle successioni salta, si disarticola, si dissesta o esce dal suo asse. When are we now? La sola risposta certa è "Siamo in un 'ora' fuoriuscito dall'ordine delle successioni, un'ora che dunque non sappiamo più quando sia". Daniel Faraday spiega così quello che è accaduto:

Faraday: L'isola immaginatela come un disco che sta girando su un piatto, solo che ora quel disco sta saltando [is skipping]. Qualunque cosa Ben abbia fatto alla stazione Orchidea, io credo che possa averci sganciati [dislodged us].

Miles: Sganciati da cosa?

Faraday: Dal tempo (V.1)

Ascoltiamo questa analogia musicale che rimanda all'immagine del disco con cui si apre l'episodio. Quando un disco "salta", o anche quando la puntina comincia a saltare su un disco, tu che ascolti perdi l'ordine della successione delle parole, delle note, delle frasi e dei brani. Il disco non smette di girare. E tu non cessi, con ciò, di ascoltare. Ma l'ordine-tempo del tuo ascolto è scombinato, perché il tuo ascolto è sganciato dall'ordine delle successioni. Passiamo ora dal disco all'Isola. Che Ben abbia sganciato dal tempo quelli che si trovavano sull'Isola o nelle sue vicinanze nel momento in cui l'Isola veniva spostata non significa che coloro che sono "sganciati" non siano più nel tempo, che siano fuori dal tempo e che il tempo, per loro, abbia smesso di scorrere. Significa, piuttosto, che il tempo dell'Isola ha perso il suo ordine, cosicché i soggetti che si trovano sull'Isola non esperiscono più il suo passare, il suo scorrere come un avanzare progressivo su una linea ("da quando Ben ha girato quella ruota il tempo ha smesso di essere una linea retta per noi", V.11, spiega Miles a Hurley) ma come una serie di salti avanti e indietro su questa linea (o su linee differenti).

Per questo tempo dis-ordinato, dissestato, dis-connesso, vale la formula di Amleto The time is out of joint: il tempo è fuori di sesto, fuori squadra, sconnesso. Il tempo dell'Isola infatti è andato fuori di sesto, out of joint quando Ben ha girato la ruota dell'Isola mandandola fuori dal suo asse. Come dice Christian Schephard, il padre di Jack, a John Locke "la ruota è finita fuori dal suo asse [slipped off its axis]" (V.5).

Josh Holloway, che interpreta Sawyer, ha dichiarato in un'intervista, non senza ironia: "Ora che ci siamo abituati i flashback e ai flashforward, abbiamo aggiunto i viaggi nel tempo per movimentare un po' le cose". All'inizio della quinta stagione, le cose sono più movimentate che mai: prese in un vortice in cui qualsiasi fattore di ordine e stabilità sembra venire meno. Non solo hai, ora, flashback e flashforward che decostruiscono l'ordine temporale del racconto e ti sbalzano avanti e indietro (non ti sei forse chiesta anche tu, almeno una volta, disorientata di fronte all'ennesimo flashforward: Quando siamo?). Ma il contenuto stesso del racconto, ciò che viene narrato (la storia), non procede più secondo l'ordine cronologico: gli stessi protagonisti si trovano, ora, a essere sbalzati avanti e indietro nel tempo.

Ma non è tutto. C'è un ulteriore elemento di complessità nel sistema-Lost della quinta stagione: gli sbalzi temporali del racconto si intrecciano con gli sbalzi temporali della storia senza distinzione alcuna. Pensa al sesto episodio della quinta stagione intitolato 316: è un caso emblematico di questo intreccio. Qui un flashforward (un salto in avanti del racconto) coincide con un salto all'indietro nel tempo della storia. Tutto inizia con l'occhio di Jack Schephard che si apre. Abbiamo l'illusione di essere tornati all'inizio del racconto: il primo episodio della serie si apriva proprio così. Ma in realtà, come scopriamo poco dopo, non siamo davvero tornati all'inizio: siamo di nuovo sull'Isola, ma negli anni Settanta. Lo stesso si può dire per la scena del primo episodio in cui incontriamo, in un flashforward, Faraday sbalzato nel 1977 alla stazione Orchidea. Damon Lindelof commenta così la scena: "Per il pubblico… ora stanno guardando una scena futura un flashforward, perché Faraday non ci è ancora arrivato, il Faraday che conoscerete all'inizio della quinta stagione e che arriva nel gommone non ha ancora fatto le esperienze che stiamo vedendo ora, non è ancora stato nel 1977, quindi è sia un flashback che un flashforward perché è avvenuta nel '77 ma non per Faraday. E' la natura complessa di tutto questo".

C'è un elemento interessante in questo gioco complesso tra tempo del racconto e tempo della storia: il salto temporale all'indietro della storia è, dal punto di vista del tempo del racconto, un flashforward, un salto in avanti. When are we now? Siamo nel futuro e al contempo nel passato. A fare le spese di questo intreccio di flashforward e salto nel passato è proprio l'ora, l'adesso, il now. Perché il salto nel passato è, al contempo, un salto nel futuro. Il tempo non cessa di scorrere, ma scorre in due direzioni opposte – come se il tempo avanzasse e retrocedesse, al contempo. Come se l'ora, il now non fosse semplicemente e solamente presente, ma già lacerato tra il futuro e il passato. Impossibile? Conosci sicuramente la formula di Eraclito panta rei, "tutto scorre". E' una formula essenzialmente legata al tempo, visto che senza movimento e mutazione non ci sarebbe tempo (per Aristotele il tempo è "il numero del movimento secondo il prima e il poi"). Ora, Platone nel Cratilo (402a) riportando le parole di Eraclito, ne fornisce una versione leggermente diversa: panta chorei. Che si può tradurre con: tutto avanza-e-retrocede.

When are we now?

In un'ora, un presente, che non è semplicemente presente. Perché è già, al contempo, passato e futuro. Sintesi all'apparenza impossibile di passato a futuro. Pura fanta-filosofia? No, piuttosto filosofia all'opera in Lost che decostruisce l'idea di tempo come susseguirsi di "ora" semplicemente presenti. Pensa all'immagine con cui si aprono la serie e l'episodio 316 prima evocato: l'apertura dell'occhio di Jack che sbatte la palpebra. E' un batter d'occhio, è un attimo. Ma quest'attimo, questo ora che fugge in un battito d'occhio è già al contempo passato e futuro. O se preferisci, in termini più filosofici: è già abitato dal passato e dal futuro. E' quanto dimostra Derrida nel capitolo quinto de La voce e il fenomeno, e che si intitola "Il segno e il batter d'occhio". E che Geoffrey Bennington riassume alla perfezione in questa formula che è forse il miglior commento al concetto di tempo in Lost: "Il batter d'occhio dell'istante presente (l'Augenblick) è così subito abitato da un passato e da un futuro".

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